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giovedì 3 luglio 2008

LA PERGAMENA DI CHINON - L'ASSOLUZIONE DI PAPA CLEMENTE V AI CAPI DELL’ORDINE TEMPLARE



Chinon, diocesi di Tours, 1308 agosto 17-20 (view)

La pergamena originale è formata da un unico foglio membranaceo di grandi dimensioni (mm. 700x580), in origine munito dei sigilli pendenti dei tre legati apostolici che formavano la speciale Commissione apostolica ad inquirendum nominata da Clemente V: Bérenger Frédol, cardinale prete del titolo dei SS. Nereo ed Achilleo e nipote del papa, Étienne de Suisy, cardinale prete di S. Ciriaco in Thermis, Landolfo Brancacci, cardinale diacono di S. Angelo.


Lo stato di conservazione è discreto, anche se sono presenti vistose macchie violacee dovute ad attacco batterico.


L’originale era corredato da una copia semplice coeva, tuttora conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano con segnatura Archivum Arcis, Armarium D 218. ASV, Archivum Arcis, Arm. D 217.


Il documento contiene l’assoluzione impartita da Clemente V all’ultimo Gran Maestro del Tempio, frate Jacques de Molay, e agli altri capi dell’Ordine dopo che questi ultimi hanno fatto atto di pentimento e richiesto il perdono della Chiesa; dopo l’abiura formale, obbligatoria per tutti coloro che erano anche solo sospettati di reati ereticali, i membri dello Stato Maggiore templare sono reintegrati nella comunione cattolica e riammessi a ricevere i sacramenti.


Appartenente alla prima fase del processo contro i Templari, quando Clemente V era ancora convinto di poter garantire la sopravvivenza dell’ordine religioso-militare, il documento risponde alla necessità apostolica di rimuovere dai frati-guerrieri l’infamia della scomunica nella quale si erano precedentemente invischiati da soli ammettendo di aver rinnegato Gesù Cristo sotto le torture dell’Inquisitore francese.


Come confermano diverse fonti coeve, il papa appurò che fra i Templari si erano effettivamente insinuate gravi forme di malcostume e pianificò una radicale riforma dell’ordine per poi fonderlo in un istituto unico con l’altro grande ordine religioso-militare degli Ospitalieri.


L’atto di Chinon, presupposto necessario alla riforma, rimase però lettera morta.


La monarchia francese reagì innescando un vero meccanismo di ricatto, che costringerà in seguito Clemente V a compiere un passo definitivo durante il concilio di Vienne (1312): non potendo opporsi alla volontà di Filippo IV il Bello, re di Francia, che imponeva l’eliminazione dei Templari, il papa, sentito il parere dei padri conciliari, decise di sopprimere l’ordine «con norma irreformabile e perpetua» (bolla Vox in excelso, 22 marzo 1312).


Clemente V specifica però che tale sofferta decisione non costituisce un atto di condanna per eresia, al quale non si sarebbe potuti giungere sulla base delle diverse inchieste istruite negli anni precedenti il concilio.


Per emettere una sentenza definitiva sarebbe stato necessario infatti un regolare processo, che prevedesse anche l’esposizione delle tesi difensive da parte dell’ordine. Ma lo scandalo suscitato dalle infamanti accuse rivolte ai Templari (eresia, idolatria, omosessualità e pratiche oscene) avrebbe dissuaso chiunque, secondo il pontefice, dall’indossare l’abito templare e, d’altra parte, una dilazione nella decisione in merito a tali questioni avrebbe prodotto la dilapidazione delle ingenti ricchezze offerte dai cristiani all’ordine, incaricato di accorrere in aiuto della Terrasanta per combattere i nemici della fede.


L’attenta considerazione di questi pericoli, unitamente alle pressioni di parte francese, convinsero il papa a sopprimere l’Ordine dei Cavalieri del Tempio.