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venerdì 31 luglio 2009

Quei massoni britannici che finanziarono i Mille.



Lo storico Aldo Mola: «Dai presbiteriani scozzesi tre milioni di franchi
a Garibaldi. Doveva “sfrattare”anche il Papa»

Nella spedizione dei Mille (nella foto di Giona Ogliari colorata a mano, reduci garibaldini bresciani) il ruolo della massoneria inglese fu determinante con un finanziamento di tre milioni di franchi ed il monitoraggio costante dell’impresa. Lo sostiene la Massoneria di rito scozzese, dell’Obbedienza di Piazza del Gesù, che nei giorni scorsi ha ricordato la nascita nel luglio 1807 del nizzardo in una conferenza stampa ed un convegno a Napoli alla presenza del Gran Maestro Luigi Pruneti e del Gran Maestro del Grande Oriente di Francia. Pierre Lambicchi.
«Il finanziamento – ha detto il pro. Aldo Mola, docente di storia contemporanea di Milano e storico della massoneria e del Risorgimento – proveniva da un fondo di presbiteriani scozzesi e gli fu erogato con l’impegno di non fermarsi a Napoli, ma di arrivare a Roma per eliminare lo Stato pontificio. Tutta la spedizione garibaldina – ha aggiunto il il professor Mola – fu monitorata dalle massoneria britannica che aveva l’obbiettivo storico di eliminare il potere temporale dei Papi e anche gli Stati Uniti, che avevano rapporti diplomatici con il Vaticano, diedero il loro sostegno.
«I fondi della massoneria inglese – ha aggiunto Mola – servirono a Garibaldi per acquistare a Genova i fucili di precisione, senza i quali non avrebbero potuto affrontare l’esercito borbonico, che era l’esercito di Pulcinella, ma un’armata ben organizzata. Senza quei fucili, Garibaldi avrebbe fatto la fine di Carlo Pisacane e dei fratelli Bandiera». «La sua appartenenza alla massoneria – ha detto ancora il prof. Mola – garantì a Garibaldi l’appoggio della stampa internazionale, soprattutto quella inglese, che mise al suo fianco diversi corrispondenti, contribuendo a crearne il mito, e di scrittori come Alexandre Dumas, che ne esaltarono le gesta. Non che lui non lo meritasse, ma tanti altri meritevoli non hanno avuto la stessa notorietà».

giovedì 30 luglio 2009

GRAAL: Torna il calice dei misteri


Anche Disney e Spielberg tra i fan di Lancillotto. Ma dove si nasconde l’ oggetto del desiderio?
Dai Vangeli apocrifi a Indiana Jones: una saga raccontata per due millenni viene riproposta ora da una serie di romanzi che fondono la tradizione cristiana e quella pagana.
Se si tratta di un oggetto e non di un simbolo, dove potrebbe essere il Graal? Le ipotesi sono infinite. * GLASTONBURY (Inghilterra): Giuseppe d’Arimatea in persona ripose la coppa nel “Pozzo del Calice” della citta’ ritenuta la mitica Avalon. * GISORS (Francia): Una tradizione crociata vuole il Graal fra i tesori templari del castello. * MONTSEGUR (Francia): I Catari lo nascosero nel castello prima di essere massacrati nel 1244 (Eschenbach chiama il Castello del Graal Montsalvaesche, cioe’ Montesicuro). * TAKHT – I – SULAIMAN (Iran): Secondo altri, il Castello di Eschenbach e’ molto simile alla fortezza iraniana detta “trono di Salomone”, principale centro del culto di Zoroastro (Iran) spesso collegato a Artu’. * CASTELDELMONTE (Puglia): I Sufi, mistici dell’Islam, affidarono il Graal tramite i cavalieri teutonici a Federico II, che l’avrebbe custodito nel castello ottagonale. * AXUM (Etiopia): Custodito da monaci copti nella chiesa di Santa Maria di Sion, sarebbe in realta’ l’Arca dell’Alleanza. * TORINO: Giunto nel capoluogo insieme alla Sindone, sarebbe nascosto nel tempio della Gran Madre. * BARI: La traslazione di San Nicola avrebbe “coperto” il piu’ importante ritrovamento del Graal: all’evento, sul portale del Duomo, e’ dedicata un’immagine di Artu’ con l’indicazione stilizzata del nascondiglio. (c.m.)

Lo storico francese Jean Markale racconta la leggenda riunendo le molte versioni della narrazione popolare “Merlino ando’ a trovare Uther Pendragon e lo porto’ nella piana di Salisbury. Il re non poteva credere ai propri occhi: nel luogo in cui si era svolta la battaglia si ergeva un cerchio

mercoledì 29 luglio 2009

Spunta l'ombra dei Templari dietro il mistero della Sindone


I Templari, l'ordine religioso-militare piu' potente del Medioevo, probabilmente per un certo periodo custodirono la Sindone oggi conservata a Torino. Dopo l'importante libro di Barbara Frale, 'I Templari e la Sindone di Cristo' (Il Mulino), il nuovo numero della rivista 'Storia in Rete' (luglio-agosto) diretta da Fabio Andriola si occupa di come e' arrivata la Sindone in Europa e soprattutto del ruolo giocato dai Cavalieri del Tempio in questa vicenda. Lo fa tenendo conto del legame fra il 'Demone Barbuto' chiamato Baphometto, l'effigie che in segreto i templari avrebbero venerato, e il Sacro Lino che pochi anni dopo il loro rogo comparve a Lirey. Un articolo a firma di Massimo Centini, 'I Templari distrutti per la Sindone', dalle pagine della rivista spiega infatti che i Templari forse veneravano in segreto il Mandylion di Edessa, che dopo il 1300 sara' chiamato 'Sindone'.

Nella primavera 2010 sara' nuovamente possibile vederla dal vivo. Ma per secoli il 'Sacro lino' non era accessibile che a pochissime persone. La Sindone, spiega 'Storia in Rete' e' storicamente 'monitorabile' a Lirey in Francia a partire dal 1353-'56: in quel breve periodo sappiamo che la reliquia era di proprieta' della famiglia francese de Charny; fu un membro di questa nobile famiglia, Margherita de Charny, che la cedette ai Savoia. Prima di allora abbiamo tutta una serie di tracce ed indizi che collocano la Sindone in varie localita' tra loro prive di apparenti legami. Un cavaliere crociato, Robert de Clary, presente alla presa di Costantinopoli, nel 1204, scrisse nelle sue memorie ('Prologues de Costantinoble') di aver visto la Sindone nella chiesa di Santa Maria di Blacherne. Dopo il sacco di Costantinopoli non si ebbe piu' alcuna notizia della Sindone in quella citta'.
E' stato ipotizzato che a portare la Sindone in Europa abbiano contribuito i Cavalieri Templari: infatti e' tesi abbastanza diffusa, anche se non confermabile, che insieme al gran maestro templare Jacques de Molay, nel 1314 a Parigi fu bruciato anche Goffredo di Charny (Charnay), governatore di Normandia. Forse un antenato della famiglia di Lirey che possedeva la Sindone. Altra famiglia con presunti esponenti Templari era quella dei de La Roche: si dice che uno di essi, Ottone de La Roche, avrebbe prelevato la Sindone a Costantinopoli per inviarla in Europa.
Vi e' chi sostiene un legame di parentela tra Goffredo di Charny templare, arso nel 1314 a Parigi, e la famiglia omonima che risultera' essere in possesso della Sindone a Lirey. L'aspetto piu' singolare della questione e' relativo al presunto idolo barbuto, che si diceva fosse adorato dai Templari con devozione feticistica. Quest'idolo era conosciuto come Baphometto', ma non abbiamo fonti certe sul suo aspetto effettivo. Da un punto di vista etimologico e' stato interpretato come una corruzione di Maometto, ma si tratta comunque di illazioni non supportate da un fondamento storico. Ebbene, si suggerisce la possibilita' che il mitico Baphometto in realta' fosse un'effigie di Cristo, probabilmente il Mandylion, ovvero la Sindone ripiegata.

Spunta l'ombra dei Templari dietro il mistero della Sindone
















Ipotesi studiosi, forse l'Ordine venerava il Mandylion di Edessa

lunedì 27 luglio 2009

Erasmo Notizie N° 13-14, 15-31 luglio 2009


E' da oggi online l'ultimo numero di Erasmo Notizie, il Bollettino di informazione del Grande Oriente d'Italia.


venerdì 24 luglio 2009

MASSONERIA: DOMANI A VIAREGGIO DIBATTITO SU 'LAICITA' E LE DIMENSIONI DEL SACRO'


Roma, 24 lug. (Adnkronos) - "Laicita' e le dimensioni del Sacro". E' il tema del dibattito che si terra' domani a organizzato dalla loggia del Grande Oriente d'Italia, Dante Alighieri, e al quale parteciperanno il gran maestro Gustavo Raffi e il filosofo Michele Ciliberto della Scuola Normale Superiore di Pisa. "La massoneria -sottolinea Raffi, anticipando alcuni dei temi che verranno toccati nel corso dell'iniziativa- non ha nulla a che vedere con il luogo comune ormai logoro dell'anticlericalismo fondato sulla contrapposizione esasperata fra laici e cattolici, cosi' come la cultura laica non ha, e non ha mai avuto, un contenuto anticristiano, ne' un contenuto irreligioso".
"Essa ha le sue basi nel pluralismo -continua Raffi- nell'uso sistematico della ragione, nel rispetto delle opinioni altrui in ogni campo, nella centralita' dell'essere umano in se'. Su questi principi la massoneria non consente deroghe perche' essi costituiscono la nostra identita', l'essenza del nostro modo di essere, le radici dei nostri giudizi. E' indispensabile, e lo riaffermiamo con forza, ricostruire nel nostro Paese un clima di laicita' che consenta il rispetto di tutti gli orientamenti religiosi e culturali, ma che, allo stesso tempo, impedisca che ci sia qualcuno che tenda a presidiare i confini dell'etica e ad imporre il proprio credo".
L'incontro, che verra' moderato dal presidente del Collegio dei maestri venerabili della Toscana, Stefano Bisi, e dalla giornalista Tiziana Missigoi, si terra' alle 18.30 all'Hotel Esplanade, in Piazza Puccini 8. Nel rispetto della tradizione massonica che ha nella solidarieta' uno dei suoi valori fondamentali, si legge in una nota del Grande Oriente d'Italia, le logge di Viareggio "Dante Alighieri" e "Felice Orsini" e il Collegio della Toscana sono impegnate in un'iniziativa di solidarieta' per aiutare la popolazione ferita dalla tragedia dello scorso 30 giugno. L'impegno e' quello di ricostruire la sede della Pubblica assistenza Croce Verde di Viareggio e di ripristinare un sistema di assistenza che e' al servizio della citta' da oltre 120 anni.

Gustavo Raffi presenta l'ultimo volume dedicato alla Massoneria


Il BBK di Punta Marina, a Ravenna, ospita lunedì prossimo (nell'ambito della seconda edizione del ciclo Un Mare di Libri) il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, l'Avvocato Gustavo Raffi con il libro: "Massoneria: una nuova primavera. Il Gran Maestro Gustavo Raffi racconta", di Paolo Gambi, ed. Gangemi.

Una rielaborazione del pensiero del "Gran Maestro della Primavera". Un viaggio attraverso l'esoterismo, la pedagogia del dialogo, il Grande Architetto dell'Universo, gli universi della laicità, l'eterno conflitto fra scienza e fede, il sacrosanto diritto alla felicità, non senza profili critici e spunti propositivi per il più immediato e concreto presente.

Questo libro vuole raccontare la Massoneria attraverso la Gran Maestranza di Gustavo Raffi: "Uno strumento che si propone di far comprendere anche ai non addetti ai lavori un mondo che ai più è ignoto, diviso com'è fra leggenda e disinformazione. Un tentativo di offrire ai lettori il pensiero autentico del Gran Maestro. Un percorso per far uscire la Massoneria dal museo di Madame Tussauds e renderla un corpo vivente nella società, "contemporanea alla posterità". Un contributo affinché la Libera Muratoria sia giudicata per ciò che realmente è e non per ciò che i suoi detrattori o i suoi laudatores la dipingono".

giovedì 23 luglio 2009

Il mistero Templare - tra mito e fantasia


Il mistero che circonda i Templari è un labirinto fatto di miti, segreti, verità scomode e nascoste dove ogni risposta solleva nuovi interrogativi. Man mano che il puzzle si risolve, ci si ritrova agli inizi del pensiero filosofico-religioso della civiltà umana.
Il 23 maggio di ogni anno, nel paesino di Les Saintes Maries-de-la-Mer nella Francia del Sud, si festeggia il giorno dell’arrivo di Maria Maddalena, sua figlia Sara ed alcuni sacerdoti tra cui Simone Lazzaro, lo Zelota Nella tradizione ebraica Maria (o Miriam) e Sarah, più che nomi, sono titoli. Maria è un titolo sacerdotale mentre Sarah indica il titolo di regina o principessaIl plurale del nome Les Saintes Maries-de-la-Mer prende origine dalla venuta dal mare di due Marie, Magdala e Sarah. Ancora oggi gli zingari del sud della Francia chiamano Sarah “l’Egiziana” o “Notre Dame Noir”.
Nera, non per la carnagione mediorientale o la pelle bruciata dal sole dell’Egitto dove Maddalena s’è rifugiata dopo la fuga da Gerusalemme, ma perchè questo colore è riservato alle sacerdotesse del rango di Sofia, iniziate nel sacro sapere di Iside, la dea egiziana della sapienza della natura di tutte le cose, la gnosis. Nel credo gnostico-iniziatico, il nero significa che la consapevolezza del Sé, la conoscenza e il sapere, esistono già prima della dualità, la polarizzazione dalla quale origina la luce e il piano fisico. Nel vangelo di Marco si legge che quando il discendente della casa reale davidiana il nazar-esseno (esseno di Nazar) Yeshua ben Joseph, Gesù, fu nella casa di Simone Lazzaro a Betania, gli si avvicinò una donna con un contenitore d’alabastro. Questa donna, Maria Maddalena, unse la sua testa con olio preziosoI greci chiamano questo rituale hieros gamos, o sacro matrimonio. Nella tradizione ebraica, come anche in quella sumera, babilonese e cananea, l’unzione rituale del re è eseguita esclusivamente dalla sacerdotessa reale o dalla sposa reale, nel suo ruolo di Iside. Solo dopo quest’unione rituale con la sacerdotessa il re assume il proprio ruolo di messiah, l’unto Nel medioevo, l’idea che Maria Maddalena fosse una sacerdotessa di sangue reale e sposa di Gesù è molto diffusa. L’arcivescovo di Mayence, Raban Maar (776-856), nella sua opera “La vita di Maria Maddalena”, scrive che la madre di Maria Maddalena, Eucharia, è di sangue reale asmonita, il che fa di Maddalena una principessa
Le tradizioni di quel tempo raccontano che i discendenti di Sara si sposano con le famiglie Visigote dell’epoca, dando inizio alla dinastia dei Merovingi. I Visigoti stessi reclamano di discendere da re Davide e Salomone e di essere fuggiti nella regione dell’Arcadia, in Grecia, prima di occupare il nord della Francia. Quasi sconosciuti fino poco tempo fa, oggi si sa che i re merovingi non si tagliarono i capelli e che praticarono riti iniziatici simili a quelli degli adepti nazareni e di altre sette gnostiche. Dal loro popolo furono considerati “re sacri” perché regnavano secondo l’antica tradizione dei re-pescatori, che si rifanno all’insegnamento di Gesù di servire anziché dominare Il titolo re-pescatore è molto antico.
Secondo il credo dei templari anche Yeshua ben Joseph di Nazar, il re mai incoronato degli ebrei, unisce in un’unica persona il titolo re-pescatoreNel suo ruolo di discendente di Davide e Salomone e di sommo sacerdote nella tradizione di Michele-Zadok, fa rivivere il patto stabilito con Dio da Abramo, basato sull’amore e non sulla legislazione, il giudizio e il timore di Dio Ai tempi di Erode la divisione all’interno del popolo ebreo vede i seguaci del messia Yeshua ben Joseph, le classi povere e alcuni gruppi religiosi e nazionalisti come esseni, nazareni e zeloti, contrapposti ai custodi del patto costituito con Dio da Mosè, i perushim, tsadiqim, saduccei e farisei, ovvero l’elite religiosa-politica e classe amministrativa di questa religione/stato Questi ultimi collaborano con i romani in cambio del mantenimento del loro status, accettando l’autorità di Erode anche se non appartiene alla casa reale d’Israele. Una contrapposizione che porterà alla scissione e alla diaspora degli ebrei.
Tra chi sostiene la tradizione gnostica pre-egiziana ed egiziana di Ninhursag ed Ea e Thoth (il figlio di Ea Ptah) ed Iside, che proclama la divinità del Sé, intrinsecamente presente in Tutto ed Ognuno, senza leggi né volontà oltre quella di evolvere la consapevolezza attraverso la propria creazione, e chi segue l’idea di un dio “nel cielo”, “creatore” di esseri umani sottoposti alla volontà e le leggi divine e giudicati nei loro pensieri ed azioni, esiste da sempre incomprensione. I luogotenenti dell’unico dio, hanno poca comprensione per chi si sottrae alla loro autorità, sostenendo di essere il sovrano creatore del proprio destino. Storicamente l’idea del dio giudice e custode dell’umanità, invocato al muro del pianto, nelle messe e dai minareti, si evolve dalle descrizioni sumere (in seguito babilonesi ed ebraiche) delle interferenze nel destino degli uomini dell’irascibile e violento fratellastro di Ea, Enlil, in seguito conosciuto come Jeova, Yahweh (YHWH), Eloh, Adonai ed Allah.
La religione templare è dunque il cristianesimo gnostico, diffuso da Maria Maddalena e i suoi discepoli nel Sud della Francia. Sotto gli occhi ignari del clero, i templari praticano il culto iniziatico del principio femminile della divina saggezza, camuffato da idolatria di Maria e venerazione della Madonna nera Secondo questo credo, come anche quello dei cristiani catari, ogni uomo e ogni donna è figlio e figlia di Dio, capace di raggiungere la propria illuminazione spirituale e l’ascesa verso cieli più sublimi senza intermediari Tale pensiero trasferisce ogni potere e responsabilità nell’uomo, abilitato a trascendere la natura dualistica per realizzare l’infinito potenziale della propria natura divina, mentre le dottrine della Chiesa cattolica porterebbero il seguace, secondo i templari, all’oppressione e alla schiavitù di un dio vendicativo Mai nella storia lo gnosticismo, l’illuminato sapere della divinità de Sé, fu perseguitato con tanta rabbia e determinazione come dalla Chiesa cattolica, per la quale è di vitale importanza estirpare ogni traccia di possibili pretendenti ereditari al trono del Papa, oltre che ogni insegnamento che mette in dubbio la dottrina sulla quale si basa tale potere.
L’idea che dall’unione tra Maddalena e Gesù nascano i progenitori di una linea di sangue reale, il sangreal, è una grave minaccia al titolo di “unico rappresentante di Dio sulla terra” Il culto templare si propaga rapidamente da Chartres, attraverso la Spagna in altre parti d’Europa. Nelle chiese legate ai templari i riferimenti iconografici a Gesù sono rari. I pochi che esistono lo raffigurano come maestro, non come vittima o redentore. Per la religione templare è più importante Giovanni Battista, il profeta Yehochanan degli ebrei, e Yahia ben Younes dei musulmani , nonché il maestro che iniziò Gesù al sacro sapere. Secondo l’Islam Giovanni-Yahia non fu mai decapitato ed e‘ sepolto ad Oujda, in Marocco La rinascita di Gesù attraverso la “santificazione dello spirito” è simboleggiata dal battesimo e dalla colomba, un importante simbolo templare. I templari venerarono anche Giovanni Evangelista, il discepolo amato da Gesù, autore prolifico di opere spirituali in gran parte perdute o soppresse dalla Santa Madre Chiesa, come l’apocrifo “Gli Atti di Giovanni” e “L’evangelo dell’Amore” Molti studiosi dei Cavalieri del Tempio di Salomone concordano sul fatto che quest’ordine costituisce il braccio armato dei discendenti sangreal.
gli storici usano come fonte i documenti scritti da Guillaume de Tyre tra il 1175 e 1185. Tyre indica come anno della fondazione il 1118 Le famiglie dinastiche sangreal ed altri discendenti di nobili e sacerdoti ebreo-cristiani giocano un ruolo dominante nella pianificazione ed esecuzione della prima Crociata. L’obiettivo principale è liberare Israele per ristabilire il trono di Davide e Salomone a Gerusalemme. Dopo la conquista della Città Santa l’erede designato, il diretto discendente delle linee davidiane ed asmonee, Godfroi de Bouillon, rifiuta il titolo di re a causa dei massacri perpetrati dai crociati e assume l’amministrazione della città come “Protettore di Gerusalemme e del Sacro Sepolcro”
In quegli anni i templari eseguono importanti scavi sotto il monte dove si trovava il Tempio di Salomone.La storia di questi scavi è oscura a tal punto d’aver fatto nascere molte teorie e leggende su quanto accade. Data la segretezza che circonda l’impresa ancora oggi è difficile sapere esattamente cosa si cercava e cosa fu trovato. Guillaume de Tyre scrive che Hughes de Payen, il Gran Maestro dell’Ordine templare, in seguito si presenta al re di Gerusalemme, il successore di Gofredo di Buglione I, con la proposta di rendere più sicure strade, cammini e rotte dei pellegrini, la complessa rete di comunicazioni che collega i vari centri di venerazione, Compostela, Chartres, Mont St. Michel, Rocamadur, Canterbury, St. Maximum la Baume e Gerusalemme
A quei tempi il pellegrinaggio fu un business enorme, paragonabile al turismo di massa di oggi. Viaggiare per lunghe distanze era reso pericoloso e costoso dalle bande di predoni e dalle frequenti tasse di passaggio, richieste dai proprietari feudali. La situazione cambia radicalmente quando i templari introducono una specie di “package-tour” tutto incluso, e i primi traveller chèque e carte di credito della storia. Al pellegrino che non voleva portare con sé soldi in contanti si offriva di depositare le sue monete in una filiale templare, in cambio di un documento di credito utilizzabile per pagare i servizi affiliati: alberghi, locande, botteghe, guide ecc. Ogni spesa viene annotata e alla fine del viaggio il pellegrino, o il commerciante, poteva riconvertire in contanti il saldo rimanente, o pagare l’eventuale debito al più vicino sportello templare Lontani dall’essere un ordine esclusivamente religioso o militare i templari investono le loro immense ricchezze con buon senso d’affari in immobili, industrie basilari e nella costruzione di importanti edifici. Riescono persino ad eludere il divieto per i cristiani di chiedere interessi per prestiti in denaro. Quest’attività è considerata usura e riservata agli ebrei. I servizi finanziari offerti dai templari, crediti, lettere di cambio, trasferimento fondi, assicurazioni e trasporto valori, sono ricercati da commercianti, re, imperatori, vescovi e pontefici. Nelle loro cripte custodiscono le ricchezze e i gioielli di non poche teste coronate, spesso indebitati con quest’ordine di monaci-guerrieri, che si comportano come banchieri moderni
Filippo IV
Clemente V
Presto la ricchezza, il potere e l’arroganza dei cavalieri del Tempio di Salomone suscitano un crescente risentimento nei loro confronti. Anche Filippo IV il Bello, asceso al trono di Francia nel 1285, nutre forti rancori. E` pesantemente indebitato con i templari che avevano respinto la sua richiesta d’appartenenza all’Ordine Per migliorare la propria situazione finanziaria, Filippo, più ingordo che bello, caccia gli ebrei dalla Francia e s’appropria dei loro beni. In lui la Chiesa, desiderosa di eliminare una “eresia” compromettente, riconosce l’alleato decisivo per iniziare l’attacco contro i cavalieri templari.
Con il pretesto di voler discutere la fusione dell’Ordine del Tempio con quello dei Cavalieri Ospedalieri, una proposta rifiutata da entrambi gli ordini, Papa Clemente V convoca il Gran Maestro templare, Jacques de Molay, dalla sicura residenza di Cipro a Parigi . Il venerdì 13 ottobre 1307, Filippo di Francia lo fa arrestare con l’intero seguito, costituito dal cerchio interno dell’Ordine templare. Allo stesso tempo, con un’azione a sorpresa, preparata nei minimi dettagli, riesce a catturare gran parte dei templari residenti in Francia. L’imputazione, “…troppo terribile da pensare o esprimere, crimini detestabili, mali esecrabili, fatti abominevoli, quasi disumani…”, è di “aver causato a Cristo ingiurie più gravi di quelle sofferte sulla croce” La denuncia di eresia viene emessa dal capo dell’inquisizione in Francia, Guillaume de Paris su ordine di Clemente V, il papa eletto con il supporto decisivo di Filippo
Da quel momento in poi il sangreal e le organizzazioni connesse a queste dinastie, si rifugiano nella più inaccessibile ed occulta segretezza.Una segretezza che perdura fino ad oggi.

di Hannes Schick-elab.da g.m.s. (http://umsoi.org/)

mercoledì 22 luglio 2009

Un Centro polifunzionale della Massoneria nei locali dell'ex cinema Belsito a Roma.



Il grande Oriente d'Italia annuncia di avere ottenuto dal Comune di Roma la concessione per i lavori, che inizieranno a breve, e che daranno vita, entro il settembre del 2011, a quella che il Gran Maestro Gustavo Raffi, definisce, "un'agora' di liberta' e uno spazio di confronto".
Tra poco inizieranno i lavori di riqualificazione del complesso dell'ex Cinema Belsito di Piazza Medaglie d'Oro, a Roma, che entro il settembre 2011 diventera' il primo "Centro Polifunzionale della Massoneria del Grande Oriente d'Italia". Nel nuovo spazio di circa tremila metri quadri, acquistato e ridisegnato dal Grande Oriente, nascera' una grande sala delle conferenze, un archivio storico, una biblioteca aperta al pubblico e una libreria multimediale che si candida a diventare un riferimento culturale per le ricerche dei giovani studiosi. Inoltre, il Centro ospitera' la sede del Collegio circoscrizionale dei Maestri venerabili del Lazio, riunendo in un unico luogo tutti i templi di Roma.
L'edificio, con il progetto "Luce nel Tempio", prendera' luce dall'alto per portarla in tutti gli ambienti attraverso un sistema di specchi, mentre le pareti saranno di vetro, a indicare la trasparenza di Palazzo Giustiniani. "Sara' una grande agora' per camminare nella luce -annuncia il gran maestro Gustavo Raffi - un'opera che realizziamo nonostante le difficolta' e coronando un progetto che coltiviamo da decenni.
Per il Grande Oriente d'Italia non e' solo una nuova struttura di possibilita' ma soprattutto un ponte lanciato a tutte le altre culture per la promozione della liberta' e del libero pensiero vissuto come ricerca continua di senso".

Due diversi approcci per conoscere i Templari




Un argomento affascinante e, per certi versi, ancora misterioso come quello che riguarda la storia dell’ordine cavalleresco dei Templari, vantando una bibliografia a dir poco sterminata, può essere indubbiamente affrontato ed esaminato sotto diversi approcci.
Un argomento affascinante e, per certi versi, ancora misterioso come quello che riguarda la storia dell’ordine cavalleresco dei Templari, vantando una bibliografia a dir poco sterminata, può essere indubbiamente affrontato ed esaminato sotto diversi approcci. Ne fanno fede due saggi usciti recentemente, “I Templari e la Sindone di Cristo” di Barbara Frale, edito dal Mulino, e “I cavalieri templari” di Paolo Cavaleri, pubblicato dalla Hobby & Work. In effetti, si tratta di due ricostruzioni storiche che differiscono non solo nelle loro rispettive finalità, con il primo che evidenzia un interessante connubio storico tra la storia del Templarismo e il lenzuolo nel quale sarebbe stato avvolto il corpo del Cristo, dopo la deposizione dalla croce, e il secondo che introduce la storia dell’Ordine del Santo Sepolcro attraverso una disamina dell’architettura degli edifici templari disseminati in Europa, ma soprattutto negli intenti squisitamente storiografici.
Barbara Frale (che vediamo nella foto a fianco), allieva di Franco Cardini e apprezzata storica con una solida formazione teologica, da anni lavora nell’Archivio Segreto Vaticano, indagando soprattutto i risvolti politici ed economici delle accuse rivolte ai Templari che portarono alla dissoluzione dell’ordine cavalleresco per volere di re Filippo il Bello, con la passiva complicità di papa Clemente V. L’indubbio valore del suo saggio, che si legge con enorme interesse e partecipazione, sta nel fatto che l’autrice è stata in grado di trattare una materia a dir poco “esplosiva” - tenuto conto dei suoi inevitabili e allettanti richiami verso una letteratura “esoterica”, che riporta alla mente autori quali Dan Brown e Graham Hancock, maggiormente votata al puro e semplice sensazionalismo - attraverso un’indagine scientifica rigorosa, mantenuta nei canoni della storiografia più cauta e attenta.
D’altronde, se non ci si attiene a un’indagine rigorosa, è estremamente facile cadere in possibili trappole nelle quali l’approccio storiografico lascia inevitabilmente campo a soluzioni più fantasiose o, quantomeno, non sostenute da debite prove documentative. Al contrario, Barbara Frale ha avuto il merito di presentare i risultati di un lavoro che sta portando avanti da più di un decennio, nel quale oltre a mettere definitivamente fine alla leggenda del cosiddetto “Bafometto” (che vediamo in una ricostruzione popolare nel corso di un rito), ossia l’entità demoniaca che i Templari avrebbero adorato al posto di Gesù Cristo, riprende, con maggiori prove e documenti a disposizione, l’affascinante tesi che i cavalieri del Santo Sepolcro sarebbero stati in possesso della Sindone per circa un secolo, ossia tra la presa di Costantinopoli da parte dei componenti della quarta Crociata, nel 1204, e la fine dell’ordine del Tempio, avvenuta all’indomani dell’arresto in Francia dei suoi appartenenti, il 13 ottobre 1307. Non solo, questo saggio di Barbara Frale rappresenta solo la prima parte di un avvincente argomento spirituale e storico, qual è la Sindone, che sarà ulteriormente approfondito ed esaminato in un volume di prossima pubblicazione, dal sintomatico titolo “La Sindone di Gesù Nazareno”.
Approccio, invece, completamente diverso quello scelto da Paolo Cavaleri, storico dell’arte ed esperto di architettura cristiana nell’area mediterranea, il quale ha voluto nel suo agile testo “I cavalieri Templari” proporre una lettura che si potrebbe definire più convenzionale, visto che al di là di presentare in diversi capitoli distinti le chiese templari giunte fino a noi, partendo dalla loro pianta ottagonale, che riprenderebbe quella della moschea di Omar, la quale si trova sulla celeberrima spianata di Gerusalemme, si pone l’obiettivo di non mettere del tutto da parte aspetti e particolari di chiara matrice esoterica, riscontrabili proprio nei dipinti, nelle componenti architettoniche e nei simboli che si possono vedere all’interno di quegli edifici sacri.
Così, partendo dalla cappella di Notre-Dame de Laon, in Piccardia, al tempio di Lanleff, dalla chiesa di Montsaunès fino a quella misteriosa di San Bartolomeo a Soria, dalla celeberrima cappella di Rosslyn (fatta conoscere dall’immancabile Dan Brown ne “Il codice da Vinci”) fino alla roccaforte portoghese di Tomar (che vediamo nella foto), l’autore cerca di mantenere vivo un interesse del fenomeno templare partendo da una disamina architettonica per addentrarsi, attraverso interrelazioni storiche ed ermetiche, per dimostrare quanto la storia dell’ordine del Tempio abbia ancora da dirci, seguendo l’impostazione data ai tempi da Fulcanelli nel suo leggendario libro “Il mistero delle cattedrali”. Certo, i presupposti sono molto diversi rispetto al saggio di Barbara Frale, tenuto conto che Cavaleri non rinuncia ad ammiccare verso autori e opere che appartengono maggiormente alla sfera di un certo “esoterismo alla buona”, con rimandi all’immancabile “Il santo Graal” di Baigent - Leigh - Lincoln e ai “Misteri dei Templari” di Charpentier.

martedì 21 luglio 2009

"La Sindone è vera, vi spiego perché"




Una studiosa tra i segreti degli Archivi Vaticani: "E' del I secolo, esporrò le
prove in un nuovo libro"




di MARIO BAUDINO


Sulla Sindone c’è una scritta in caratteri ebraici che rinvia all’aramaico, la lingua dei primissimi cristiani. L’ha scoperta uno scienziato francese, Thierry Castex, e ne dà notizia per la prima volta una studiosa italiana, Barbara Frale, nel suo saggio da poco uscito per il Mulino col titolo I templari e la Sindone di Cristo. E’ invisibile a occhio nudo, ma è stata evidenziata grazie a procedimenti fotografici; una presenza del genere sul lenzuolo conservato a Torino, che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù, non è certo un episodio che possa restare confinato nel mondo degli studiosi. La storica italiana, ufficiale dell’Archivio segreto Vaticano, ha ricevuto la documentazione per un consulto, e d’accordo con lo scopritore l’ha resa pubblica nel libro sui Templari, che è il prologo a un nuovo lavoro, tutto sul «Sacro lino», di imminente pubblicazione. I due argomenti sono collegati. Barbara Frale è nota per aver trovato fra le carte vaticane nuovi documenti sull’atteggiamento del papa Clemente V nei confronti dei monaci-guerrieri accusati di eresia, quando all’inizio del Trecento il re di Francia Filippo il Bello scatenò contro di essi una repressione feroce. Ha smontato le leggende esoteriche e dimostrato la riluttanza del Papato rispetto alla persecuzione, che per ragioni politiche non poté essere comunque impedita. Nel libro appena uscito segue il filo che lega la Sindone all’austero esercito nato dopo la prima crociata per proteggere i pellegrini in Terrasanta, diventato una grande potenza «multinazionale» e finito sui roghi. Arriva a conclusioni appassionanti, perché conferma l’intuizione di uno studioso inglese secondo cui dopo il saccheggio di Costantinopoli ad opere di veneziani e francesi (nel corso della quarta crociata), il lenzuolo passò effettivamente in mano templare: ma per essere conservato e adorato in gran segreto.Le misteriose testimonianze sul culto di un idolo o di un volto demoniaco andrebbero così riferite ai pochi eletti che ebbero modo di vedere la Sindone, ripiegata allo stesso modo in cui la conservava l’imperatore di Bisanzio. Ma di qui in poi, l’obiettivo cambia. Barbara Frale è sulle tracce più antiche della Sindone. Al centro di questa ricerca si staglia l’imprevedibile scritta in aramaico, pochi caratteri che tuttavia possono essere ricondotti a un significato del tipo: «Noi abbiamo trovato». Ma vengono proposti anche nuovi documenti, per esempio sull’arrivo nella capitale dell’Impero d’Oriente della preziosa reliquia. E contro la tesi che venisse adorato in realtà un «fazzoletto» con un ritratto dipinto (il mandylion), la studiosa esibisce un testo scoperto nel ’97 sempre alla Biblioteca Vaticana (dallo storico Gino Zaninotto). E’ un’omelia del X secolo in cui viene descritta la reliquia, che l’imperatore Romano I aveva mandato a prelevare nella città di Edessa.L’autore è Gregorio il Referendario, arcidiacono della Basilica di Santa Sofia, incaricato della delicatissima operazione nell’anno 943. Non parla di un fazzoletto dipinto, ma di una grande immagine: pare proprio di leggere la descrizione della Sindone di Torino, che pure anni fa venne sottoposta all’esame del carbonio 14, usato per datare i reperti antichi, e dichiarata un manufatto medioevale. Come spiega la Frale questa contraddizione? «L’esperimento aveva, date le tecnologie a disposizione in passato, ampi margini di ambiguità. E poi non è stato condotto in modo verificabile», sostiene la studiosa. Ormai, aggiunge, non fa più testo. «I documenti mi portano molto più all’indietro nel tempo. Anche nel quarto secolo ci sono testi che parlano della Sindone». Ma torniamo alle scritte, che in realtà sono più d’una: in greco, e anche in latino, scoperte a partire dal 1978. Lei spiega che non sembrano vergate sul lino, ma impresse per contatto, forse casuale, con cartigli e reliquiari. Che cosa dimostrano? «Quella in caratteri ebraici poteva essere un motivo importante per spiegare la segretezza di cui i templari circondarono la Sindone, in anni di fortissimo antisemitismo». Però c’è dell’altro: «Sì, c’è il fatto che dopo il 70 non si parlò più aramaico nelle comunità cristiane. E già San Paolo scriveva in greco». A cosa sta pensando, allora? «Ci sono molti indizi, direi un’infinità, che sembrano collegare la Sindone ai primi trent’anni dell’era cristiana. Per ora è una traccia di ricerca». Pensa che il testo si sia impresso prima del 70? «Quel che sappiamo del mondo antico ci costringe a formulare questa ipotesi». E qui la studiosa si ferma, rinviando al nuovo libro, La Sindone di Gesù Nazareno, che uscirà sempre per il Mulino prima di Natale. Ma non si sottrae alle domande. La prima è ovvia: come escludere che si tratti semplicemente di un «falso», nel senso di una reliquia costruita e modificata nel tempo?Magari realizzata proprio sulla scorta dei Vangeli? «Innanzi tutto il mondo antico non ha mai avuto interesse a confermare i Vangeli. Non conosce il nostro concetto di riscontro o di prova. In secondo luogo le scritte possono essere datate, in base alla loro forma, alla grammatica, al contesto. Gli studiosi che le hanno esaminate le fanno risalire a un periodo fra il primo e il terzo secolo». Si ritiene però che l’archeologia del terzo secolo fosse molto diversa dalla nostra. La madre di Costantino trovò a Gerusalemme tutto ciò che desiderava, dalla croce alla casa di Pietro. «Non è così semplice. Quest’idea rischia di diventare un luogo comune. La questione dell’imperatrice Elena è un capitolo a parte».Ultima osservazione: la Sindone riporta un’immagine tridimensionale. Per ottenerla non posso avvolgere semplicemente un corpo in un lenzuolo, come farei al momento della sepoltura. «No, deve fare molte altre cose, questo è vero. Però ricordiamoci che, data la sua sacralità, è difficile accostare e studiare l’oggetto stesso». Infatti queste scritte non sono mai state viste da nessuno, in tanti anni, anche quando la Sindone era, come lei spiega, molto meno sbiadita di adesso. «Tenga conto che veniva avvicinata raramente, e con una forma quasi di terrore sacrale. Io comunque non mi sono interrogata sulla sua formazione, perché sarebbe un tentativo di razionalizzare una materia dove lo storico, qualora lo faccia, si espone a troppi rischi, anche di figuracce. Come chi aveva spiegato la trasfigurazione di Cristo ricorrendo ai fenomeni ottici che si verificano sui ghiacciai. Preoccupiamoci piuttosto di studiare seriamente. L’unica cosa certa è che dobbiamo toglierci dalla testa di avere in mano, al proposito, le carte definitive».

La Crisi dell’Occidente e i Compiti della Massoneria


di Maurizio Nicosia su http://www.zen-it.com/

L’abbattimento del muro di Berlino aveva suscitato nel mondo la speranza che si potesse finalmente schiudere una stagione priva di conflitti e steccati ideologici. L’illusione è durata poco: con l’abbattimento del muro di Berlino una miriade di nuovi muri si è fragorosamente abbattuta sull’Occidente e l’intero pianeta. È sufficiente ricordare i conflitti nella sfera ex sovietica, in Africa, in India, l’Islam. Vi sono però inquietanti segnali che non consentono di restringere la lettura del fenomeno solamente alla crisi radicale che attraversa la ex galassia sovietica e la sua sfera d’influenza. Si pensi ai conflitti neri in Sudafrica, al Medio Oriente, alle rivolte nere in America. In Europa dilagano preoccupanti rigurgiti razzisti e antisemiti, mentre molti governi pongono in discussione il progetto d’unità politica europea, e diversi movimenti predicano un ulteriore frazionamento degli stati.Per comprendere come il fenomeno non sia esclusivamente politico, conviene osservare anche la cronaca. Da alcuni anni imperversano nelle città degli Stati Uniti bande che si scontrano non per ragioni politiche o ideologiche, ma per il primato territoriale o anche solo per il colore della «divisa». E in Europa, con il pretesto di bandiere sportive o gonfaloni comunali diversi, si accendono analoghe battaglie. L’epidemia, che nella politica o nella razza o nella fede trova un veicolo di diffusione, ma non l’origine, dilaga ormai su tutto il pianeta.Gli esempî si potrebbero moltiplicare: diverse e quanto mai complesse le ragioni che innescano la contrapposizione, il conflitto, la frammentazione, ma la dinamica è la medesima. All’origine dell’epidemia v’è il dilagare a macchia d’olio di una visione del mondo in bianco e nero, di sapore ‘manicheo’, che elimina tutte le sfumature, profondamente e radicalmente dualista, antinomica e antitetica, che si fonda sulla necessità di trasformare l’«altro» in antagonista, avversario, nemico, per affermare la propria identità.L’origine del fenomeno è nel sistema di pensiero o nell’organizzazione della mente, se si preferisce: ovvero negli schemi che l’immaginario plasma nella psiche dell’uomo odierno, in una regione profonda di cui raramente si ha consapevolezza. Perciò il contagio si diffonde mediante la politica e l’ideologia, o mediante la religione e la cultura, o ancor più semplicemente mediante una qualsiasi differenza.E purtroppo questo sistema di pensiero dualistico, basato sulla contrapposizione con l’altro e sull’affermazione di sé, pregiudizialmente convinto nel campo morale di essere non nel giusto, ma il giusto, ha fatto breccia anche nell’Ordine Massonico. Il caso Di Bernardo è eloquente.Fatto cenno alla generalità di questo fenomeno epidemico che trascende le strutture culturali per radicarsi nell’organizzazione della mente e dell’immaginario che la alimenta, e tratteggiato a sommi capi il funzionamento antitetico di questo sistema di pensiero, è da esaminare la causa che lo diffonde sia nelle società tecnologiche che nei paesi poveri di tecnologia e poco alfabetizzati.Questo sistema di pensiero ha tutte le caratteristiche proprie di una civiltà orale, di una civiltà cioè che non faccia uso della parola scritta. In una cultura orale primaria, priva di scrittura, la conoscenza una volta acquisita deve essere costantemente ripetuta, pena la sua perdita. Ciò comporta la necessità di evitare approfondimenti analitici, impossibili da ricordare nel loro sviluppo, e di pensare per moduli mnemonici di forte contenuto ritmico, strutturati in ripetizioni e, naturalmente, antitesi.Il racconto orale sconosce un personaggio che possa compiere gesta eroiche malgrado la propria vigliaccheria, come accade nel romanzo ottocentesco, culmine di una millenaria cultura scritta. Nel racconto orale l’eroe catalizza tutte le qualità fisiche e spirituali positive: è bello, alto, vigoroso, coraggioso, nobile, generoso; l’antagonista, viceversa, catalizza tutte le stigmate del male.Non potendo articolare pensieri troppo complessi, la cultura orale tende ad avere struttura aggregativa, «sommaria»: somma cioè i depositi linguistici che costituiscono il patrimonio collettivo; proverbi e frasi fatte in una cultura orale non sono occasionali, ma formano la sostanza stessa del pensiero. La stessa legge è custodita in questo modo. La necessità di ripetere, infine, plasma una mentalità altamente tradizionalista e conservatrice che inibisce la sperimentazione intellettuale e induce un sapere omeostatico, un sapere che elimina memorie senza più rilievo per il presente e che non concepisce l’evoluzione, cioè la progressione storica. Una civiltà orale è dunque fortemente agonista, perché trasferisce il proprio sapere organizzato per antitesi nella dinamica sociale, ed è statica culturalmente e storicamente.Nel caso dell’Europa e dell’Occidente si può individuare un fenomeno non così radicale ma sostanzialmente analogo, detto «oralità di ritorno», generato da due fenomeni concomitanti. Il primo è la straordinaria diffusione di un medium tecnologico essenzialmente orale come la televisione. Il secondo è la reazione di semplificazione psicologica alla complessità.Tipico aspetto che connota la natura linguistica di questo mezzo comunicativo è una paratassi debole, cioè un accostamento di proposizioni non congiunte e fra loro autonome: la frammentazione è il linguaggio televisivo.È la tv il mezzo che ha imposto nuovamente l’oralità con tutti i suoi principali aspetti delineati con efficacia dallo studioso americano Walter Ong. È aggregativa piuttosto che analitica, è ridondante ed è omeostatica: è la tv a eliminare memorie senza più rilievo per il presente. Si pensi all’attuale fortuna del revisionismo storico, teso a ridimensionare o addirittura negare l’olocausto, e all’insofferenza in Italia per i valori risorgimentali e della Resistenza, il cui tratto comune certamente non è l’enfasi della differenza e della contrapposizione, ma la vigorosa tendenza unificatrice.Inoltre dinanzi agli occhi dello spettatore la tv è sempre in diretta, relativizza la progressione temporale ponendo in atto una sorta di eterno presente che contempla anche fenomeni di ’ubiquità’. Ma la principale caratteristica dell’oralità secondaria veicolata dalla tv è nell’organizzazione formulaica, antinomica e antitetica del pensiero, dovuta all’esigenza di memorizzare senza il determinante ausilio della scrittura.Non a caso l’Occidente, che ha progressivamente modellato in un cinquantennio un immaginario collettivo polare e fortemente antinomico, gli ha trovato la logica ubicazione geografica nel muro di Berlino, eretto proprio nell’era televisiva (1961), e gli ha posto un epico suggello con la biblica definizione reaganiana dell’Unione sovietica come «Impero del Male». Oggi, crollata col muro di Berlino l’ipostasi dell’«altro», ciascuno la teme, e la scopre dietro casa. E ciò avviene sia nelle società a tecnologia avanzata, che in quelle con bassa, bassissima o nulla scolarizzazione. I ’muri di Berlino’ si moltiplicano.All’oralità di ritorno contribuisce, oltre la televisione, lo smisurato sviluppo del sapere e della tecnologia in Occidente. Nessuno oggi affermerebbe di conoscere ogni aspetto di tutte le discipline che concorrono a costituire il sapere dell’Occidente, ma nemmeno potrebbe affermare con sicurezza e tranquillità di conoscere ogni aspetto della propria disciplina o del proprio campo d’attività. Spesso, e non per intenzioni socratiche, le massime autorità di una disciplina devono confessare di non potere determinare con esattezza cosa sia l’oggetto del loro studio, come accade ai fisici di fronte alla materia.Una tale ricchezza di sapere, per di più basato sul continuo rinnovamento di ipotesi, esperimenti e modelli, e pertanto privo della stabilità e della durata che distingueva il sapere antico, costituisce la forza dell’Occidente e al contempo il suo anello debole: eccezion fatta per le catastrofi, le civiltà muoiono di troppa complessità. Di fronte a un così smisurato sapere, che impedisce al singolo di sentirsene possessore e che semmai lo fa sentire posseduto, si innesca un inevitabile processo psicologico di semplificazione del sistema di pensiero.La salute psichica dell’individuo esige poche ma inattaccabili certezze. È così che si fa strada, lentamente ma con forza, un sistema di pensiero e di giudizio che abolisce le sfumature e le sostituisce con lo schema del bianco e nero, sistema rudimentale, ma efficace. Basti pensare alla fine della civiltà ellenica o dell’impero romano: quella che i Greci chiamavano barbarie era un’organizzazione mentale certamente rudimentale, ma efficace nell’imporsi sulla poliedrica, esausta complessità raggiunta dall’antica civiltà. Il pensiero antinomico e antitetico segna l’alba di una civiltà, e il suo tramonto.All’avanzare dell’antitesi quale può essere la risposta della sintesi, cioè della Massoneria? La risposta credo non possa che proporsi finalità etiche e puntare a due scenarî strettamente complementari: lo scenario geopolitico internazionale e quello altrettanto complesso della coscienza individuale.Il primo scenario, che ha visto il crollo del duumvirato USA-URSS, attraversa una fase estremamente fluida. Mi sembra però probabile che al primo duopolio se ne sostituisca un secondo, in parte conflittuale come il primo, in parte invece fondato sulla complementarità. I poli che lo costituiranno saranno ancora una volta gli Stati Uniti da un lato, e dall’altro l’Oriente, i primi forti della supremazia politica e militare, il secondo a un passo dalla supremazia industriale e commerciale. Non è difficile pronosticare che, nel protrarsi delle incertezze politiche ed economiche della Comunità europea, l’Europa si riduca a rappresentare lo sbocco commerciale e politico di questo nuovo duumvirato: a svolgere il ruolo di suddito. Si pensi a quanto l’Europa sia indietro nello sviluppo dell’informatica che, è il caso di sottolineare, rappresenta il futuro delle comunicazioni mondiali: come se nel Sette e Ottocento le macchine l’Europa le avesse dovute importare, invece d’inventarle, costruirle e venderle.Un terzo polo sarebbe necessario: darebbe maggiore equilibrio al pianeta, liberandolo dal dualismo geopolitico che ancora tende a riproporsi malgrado il crollo sovietico, ed è ora che l’Europa metta da parte i complessi di colpa per il recente, bellicoso passato e torni a prospettarsi un futuro: ma non è un’opzione, è un imperativo che le impongono la demografia e la crisi dell’Occidente di cui è storicamente cardine.La prospettiva di costruzione d’un terzo polo con un baricentro europeo, di lungo ma non lunghissimo termine, può e dovrebbe vedere la Massoneria protagonista, dovrebbe convogliare le sue migliori energie in questa direzione. Pungolare il governo italiano ad adottare una simile politica comunitaria e a promuoverla in Europa, stimolandolo con dibattiti e progetti umanitarî sul problema, gioverebbe alla riconquista d’una autorevolezza oggi appannata, e mostrerebbe con i fatti quali siano i principî e gl’intenti che la animano.Un simile orientamento internazionale andrebbe affiancato anche da progetti per l’altro scenario, quello della coscienza individuale. Oltre il rigoroso e formativo lavoro nei nostri templi su noi stessi, sarebbe utile convogliare le energie che si disperdono in molteplici atti di beneficenza, nella costruzione d’un’università o d’un’istituzione formativa, ispirata ai principî universali d’umanità -dunque una vera università- che accolga i più meritevoli d’ogni ceto sociale, razza, cultura e religione, finanziando quando occora i loro studî, e sia quindi palestra di dialogo e tolleranza: un esempio concreto, tangibile della visione del mondo a cui ci ispiriamo nelle nostre azioni. Se una direzione deve segnare il cammino dell’Ordine massonico, è il raggiungimento di una duratura Autorevolezza.E sia il lavoro nei templî, sia l’università -o un centro studî- dovrebbero porre in primo piano le scienze delle comunicazioni, argomento negletto, troppo negletto dalla Massoneria. È superfluo ricordare quale ruolo abbiano oggi queste discipline. Mi si perdoni il calembour, ma si direbbe che proprio sul piano essoterico la parola sia perduta. Non avviene altrettanto nelle università dei Gesuiti o dell’Opus Dei, dove le scienze delle comunicazioni occupano da sempre un ruolo protagonista. Sarà forse anche perciò che in Italia le recenti campagne di stampa antimassoniche hanno ottenuto un discreto successo?Molto, moltissimo ancora ci sarebbe da dire sull’argomento. Mi fermo qui: mi premeva solamente suscitare una riflessione al proposito. Del resto molto, moltissimo c’è da fare: non v’è che da rimboccarsi le maniche. Meglio: non v’è che da indossare il grembiule da lavoro.

E' on line la nuova edizione del telegiornale del Grande Oriente d'Italia

E' on line la nuova edizione del telegiornale del Grande Oriente d'Italia dedicato a temi di grande approfondimento culturale:

  • il convegno di studi "Torino, gli Egizi e L'Oriente, tra Otto e Novecento", organizzato dal Collegio Circoscrizionale del Piemonte e della Valle d' Aosta all' Accademia delle Scienze di Torino;

  • l'incontro a Villa Il Vascello, a cura del Servizio Biblioteca, con la Confraternita Sufi Jerrahi Halveti in Italia in occasione della presentazione del libro di poesie di Morris Ghezzi, "Le lacrime di Hiram. Autobiografia incompleta di un Libero Muratore".

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venerdì 17 luglio 2009

Venerdì 17, non è vero ma..ci credo


da Il Nolano.it

Non è vero ma ci credo. E ci si crede di più in queste date che sfidano la scaramanzia: venerdì 17, l’archetipo della jella per noi italiani. La data in cui nessuno vuole sposarsi, nessuno vorrebbe laurearsi, nessuno vorrebbe fare alcunché.

Ditelo al Papa, che proprio stamattina si è rotto un braccio. Ma non crediamo che lui creda a queste superstizioni: sarebbe una notizia d’apertura. Gli spauracchi dei superstiziosi sono sempre quelli: il gatto nero, la scala, il numero 17, il venerdì 17 (con il sangue che scorre e scorre e scorre ancora) etc. Tutti senza alcuna plausibile dimostrazione scientifica, eppure tutti indissolubilmente legati alla nostra cultura (popolare). C’è chi questa presunta malasorte la sfida, come racconta il Corriere della Sera: “proprio oggi, di venerdì 17, gli scienziati del Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale (che festeggia 20 anni e vanta membri onorari come Umberto Eco e Rita Levi Montalcini e garanti scientifici come Margherita Hack e Silvio Garattini), hanno deciso di metterci alla prova. Come?

Indicendo in tutta Italia vere e proprie disfide alla malasorte, percorsi a ostacoli tra specchi rotti e scale sotto cui passare. Per dimostrare che non c’è niente di vero. La “gara” anti jella comincia,naturalmente, alle 17 e 17 .

Ma perché si teme tanto questa data? Alcuni sostengono che la radice di questa credenza sia nello stesso numero 17, che in numeri romani è XVII, che anagrammato è VIXI, cioè vissi..cioè ora sono morto (scritto sulle tombe) ; altri lo ricollegano alla data del diluvio universale (17 febbraio), Già nel mondo greco il numero 17 era aborrito dai seguaci di Pitagora in quanto se ne stava tra il 16 e il 18, perfetti nella loro rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6.

Nella Smorfia napoletana, naturalmente, il 17 è sinonimo di "disgrazia". Si dice infine che porti sfortuna soprattutto il venerdì 17 perché, sempre secondo la Bibbia, di venerdì sarebbe morto Gesù. Una simile situazione si ritrova nei paesi anglosassoni nei confronti del numero 13. Viceversa, secondo la Cabbala ebraica, il 17 è un numero propizio, inquanto il risultato della somma del valore numerico delle lettere ebraiche têt (9) + waw (6) + bêth (2), che lette nell'ordine danno la parola tôv "buono, bene".

Il venerdì è considerato invece sfortunato perché, secondo alcuni, fu di venerdì (13 ottobre) che vi lo sterminio dei templari. Oggi ancora si dice che di venere e di marte (di venerdì e di martedì) non ci si sposa e non si parte..

Per i credenti il venerdì è giorno funesto perché in quel giorno morì Cristo (Venerdì Santo), mentre alcuni lo ricollegano al fatto che nell’antica Roma era di venerdì che si pagavano le tasse. Insomma, una serie infinita di coincidenze, eventi storici, credenze e riferimenti biblici e culturali che in ogni nazione (ed in ogni regione talora) mutano. Nei paesi anglosassoni è il venerdì 13 che porta sfortuna, in Sicilia invece chi nasce di venerdì è valoroso e fortunato. Resta il fatto che molti di noi, pur razionali e colti, si dicono tra sé in giornate come queste “..non è vero ma..ci credo”.

mercoledì 15 luglio 2009

Erasmo Notizie




E' on-line l'ultimo numero di "Erasmo Notizie", il bollettino d'informazione del Grande Oriente d'Italia.


(Leggi la versione in pdf)

lunedì 13 luglio 2009

L’ultimo dei Templari di Paolo Negro


di Iannozzi Giuseppe

Impossibile dire quanti libri, più o meno attendibili, siano stati scritti sui Templari nell’ultimo decennio. Ma è fuor di dubbio che il tema è risorto e l’epica dei Templari è tornata di prepotenza a popolare l’immaginazione di un po’ tutti, di scrittori e pubblico. Se Malcom Barber nella sua “Storia dei Templari” ci offre uno spaccato storico, Jan Guillou e Paul Doherty negli ultimi anni ci hanno rimpinzato di storie non poco fantasiose, che di realtà storica contengono poco o nulla, ma che di fatto hanno conquistato subito il pubblico costringendolo a sognare. L’idea che un templare sia sfuggito alla morte, l’idea ancor più balzana che i Templari avessero un tesoro da difendere e che il segreto ad esso legato sia in qualche modo arrivato sino a noi, è così tanto seducente che nel corso degli anni non ha mai mancato di presentarsi sotto varie forme: chi non ricorda ad esempio “Indiana Jones e l’ultima crociata”? o “Indiana Jones e i predatori dell’Arca Perduta”?
Narrativa fantastica, cinema, musica sono decenni che nei Templari, o meglio ancora che nell’epica mistica basata sull’Arca, sul Santo Graal, sulle Crociate trovano terreno fertile per portare nei cuori e negli animi lo spirito dell’avventura. Poi poco importa che i Templari abbiano cessato di esistere nel 1307, quando furono accusati di sodomia, idolatria ed eresia. L’accusa più pesante fu però quello di adorare una divinità pagana, il Bafometto. Sotto tortura nelle carcere del re i Cavalieri Templari furono costretti ad ammettere l’eresia e il 22 novembre 1307, papa Clemente V – uomo che non eccelleva di certo per la forza di carattere – di fronte alle confessioni estorte emise la bolla Pastoralis præminentiæ con la quale si ordinava l’immediato arresto dei Templari in tutta la cristianità. Jacques de Molay fu l’ultimo gran Maestro dell’Ordine dei Templari. A Parigi, sull’isola della Senna detta dei giudei, nei dintorni di Notre Dame, il 18 marzo del 1314, Jacques de Molay venne condannato al rogo. Si dice che prima di bruciare sul rogo l’ultimo gran Maestro abbia invitato Filippo il Bello e papa Clemente V a comparire di fronte al tribunale di Dio. Papa e re morirono entro l’anno 1314: Filippo IV di Francia il 29 novembre 1314, Clemente V, nato Bertrand de Gouth, il 20 aprile 1314. Ciò convinse molti che Jacques de Molay fu vittima d’una grave ingiustizia e per questo Dio punì sia il papa che il re con la morte.Nel 2003 Dan Brown con “Il codice Da Vinci” riporta in auge i Cavalieri templari e i loro presunti misteri; in Italia viene pubblicato nel 2005 ed è subito follia, per quello che è al momento il libro di narrativa popolare più venduto al mondo! Il romanzo ha venduto a tutt’oggi qualcosa come 120 milioni di copie ed è stato tradotto in ben 44 lingue. Mai libro ha venduto tanto, e nonostante le accuse di superficialità, Dan Brown oggi è il re della fiction. Nel 1988 Umberto Eco usciva in libreria con “Il pendolo di Foucault”, romanzo che sollevò un vespaio di polemiche e di dibattiti, difatti, tra le altre cose, si parlava proprio dei Templari. Non sono pochi oggi i critici che hanno visto nel lavoro di Umberto Eco la versione più intellettuale e realistica del celeberrimo romanzo di Dan Brown “Il codice Da Vinci”; eppure la critica d’allora non risparmiò severe critiche al “Pendolo di Foucault”, dicendolo incomprensibile.
Ma prima di Dan Brown, di Umberto Eco, prima di tutto, il sogno che Nikos Kazantzakis ritrasse nella sua ultima tentazione è l’Alfa e l’Omega d’un fortunato filone narrativo che mette sul tavolo oscuri complotti, fedeli invasati e Dio stesso. Con “L’ultima tentazione di Cristo” Kazantzakis incontra fortuna e sfortuna immense. Nel 1954 il Pontefice della Chiesa Cattolica mise “L’ultima tentazione di Cristo” nell’Index dei Libri Vietati; in risposta soltanto una frase telegrafata da Kazantzakis, ripresa dall’apologetico Tertulliano, “Ad tuum, Domine, tribunal appello.” Come dice Luciano Canfora, “la storia del libro è soprattutto la storia della sua distruzione” In questo senso si possono leggere i divieti o i rifiuti di pubblicazione dei suoi scritti, il fatto che per due voti Nikos non entrò nell’Accademia Greca, la perdita del premio Nobel nel ’56, e il gesto della chiesa ortodossa - sintomo di odio, di stupidità -, che non ha permesso l’esposizione della salma dell’autore ad Atene. In tutta la sua opera, partendo da “Il poverello di Cristo”, passando per l’”Ascetica”, arrivando infine a “L’ultima tentazione di Cristo”, Nikos Kazantzakis ci presenta non un Cristo di dolore, ma il dolore stesso, una felicità che è possibile solo attraverso “il Ciclo che non ha mai termine”: “Scosse la testa e bruscamente si ricordò dove si trovava, chi era e perché soffriva. Una gioia selvaggia e indomabile si impadronì di lui. No, no, non era un vigliacco, disertore, traditore. No, era inchiodato sulla croce, era stato leale fino alla fine, aveva mantenuto la sua parole. Lo spazio di un lampo, nell’attimo in cui aveva gridato: Eli! Eli! E in cui era svenuto, la Tentazione si era impossessata di lui e l’aveva sviato. Menzogne le gioie, i matrimoni, i figli: menzogne i vecchi decrepiti e avviliti che lo avevano trattato da vigliacco, da disertore, da traditore; tutto ciò non era altro che una visione suscitata dal Maligno! I suoi discepoli vivono e prosperano, hanno preso le vie di terra e di mare e annunciano la Buona Novella. Tutto è avvenuto come doveva, sia lodato Iddio! Levò un grido di trionfo: tutto s’è compiuto! E fu come se dicesse: Tutto comincia.”La fantasia che Gesù sia risorto; che sia al centro di un qualche oscuro piano dei suoi Discepoli; che possa non esser stato quello che andava dicendo di essere cioè il figlio di Dio; che in realtà non fosse figlio unico; che avesse un fratello gemello; che abbia avuto dei figli (forse con Maddalena) al pari di tutti gli uomini, tutte queste ipotesi – fantasiose sì, ma che non si possono annullare con un colpo di spugna, perché al momento non se ne può dimostrare la veridicità o la totale falsità – hanno solleticato lo spirito di più di uno scrittore, non da ultimo quello del più eretico José Saramago.
Nel suo romanzo, “L’ultimo dei templari”, Paolo Negro ci racconta di un tesoro, che sarebbe sotto la custodia dell’Ordine templare nonostante questo sia stato sciolto e represso nel sangue, una volta che non servì più agli scopi del Papa e del Re. Goffredo De Lor, fuggito dal mondo e dai suoi intrighi dopo una cocente delusione d’amore, diventato sacerdote, crede sul serio di essersi lasciato il passato alle spalle, anche la donna che invece di amarlo finì nel talamo del padre. Abbandonata la famiglia per abbracciare Cristo, a Querqueville, in Normandia, Goffredo trascorre le sue giornate noiose senza scossoni degni di nota. Poi, una sera d’autunno, nel 1313 dopo Cristo, viene chiamato ad assistere un moribondo. Che gli smozzica una verità tanto folle quanto ferale. Goffredo tace. Tace perché non sa a che santo votarsi, e ben presto si rende conto che a Querqueville, di punto in bianco, anche i muri hanno cominciato ad avere le orecchie. Per Goffredo De Lor inizia quello che si potrebbe definire un vero e proprio calvario, che lo porterà sì sulle orme dei Templari ma anche nei meandri della pazzia, sull’orlo della morte. E come se tutto ciò non bastasse, la donna creduta dimenticata è tornata e si accompagna a un nuovo amante, molto pericoloso. Il mondo che credeva saldo, la Chiesa che immaginava immacolata si rivela invece un ricettacolo di vizi e di segreti che potrebbe gettare in ginocchio l’umanità intera: il tesoro dei Templari è l’ultima verità su il Cristo crocefisso.Una gran bella avventura, fra realtà e finzione, quella che ci propone Paolo Negro: "L'ultimo dei Templari" ci proietta dentro agli intrighi sin dalle prime pagine, senza dar quasi la possibilità di renderci conto che siamo stati sbalzati nel 1300 d.C. Goffredo De Lor appare da subito come un personaggio solitario e tormentato, ma non per questo privo di spina dorsale. Tenebroso quanto basta, Goffredo è il tipico personaggio che si lascia amare da subito. Impossibile non accompagnarlo nelle sue peripezie, fino a svelare quello che dovrebbe essere l'ultimo segreto sui Templari. Su Gesù Cristo.
Paolo Negro, torinese, ha 45 anni ed è giornalista professionista. Ha lavorato per quindici anni nei principali quotidiani italiani (La Stampa-Stampasera, La Repubblica, Il Giornale). Nel 2006 è stato responsabile mass media del Medals Plaza Olimpico dei Giochi olimpici invernali di Torino 2006 e della cerimonia di chiusura delle Paraolimpiadi di Torino 2006. Nell'ottobre 2008 è stato pubblicato da Liberamente editore, il romanzo storico "L'Ultimo dei Templari".

mercoledì 8 luglio 2009

Dan Brown, The Lost Symbol


Anche se non è ancora stato pubblicato il nuovo libro di Dan Brown, The Lost Symbol che uscirà in contemporanea mondiale il 15 settembre, è finalmente disponibile la copertina del libro, pubblicato dalla Random House, che conferma il luogo in cui verrà ambientata la nuova avventura del professore di Haward, esperto di simboli, Robert Langdon.

La storia si svolgerà in un periodo di 12 ore a Washington D.C., e parlerà della massoneria e del Simbolo Perduto, che si riferisce ad un pittogramma cifrato che si trova in un'importante talismano, la Chiave di Salomone. In questa immagine è possibile vedere la copertina dell'edizione australiana in cui si vede anche una chiave con un compasso. L'editore americano Jason Kaufman ha ammesso che “Si tratterrà di una Washington che solo pochi riconosceranno”. La descrizione del libro dice che verrà rivelato un ignoto mondo di misticismo, società segrete luoghi nascosti, con un sbalorditivo colpo di scena.

Il Codice Da Vinci è stato uno dei film più visti nel 2006 ed ha guadagnato poco più di 758 milioni di dollari, quest'anno è uscito sempre per la Columbia Angeli e Demoni, che ha riproposto la squadra formata dal regista Ron Howard e dall'attore Tom Hanks nei panni del professor Langdon. Precedentemente era stato annunciato che la Columbia ha comprato i diritti per il terzo film che per il momento è previsto per il 2012.

Tragedia di Viareggio - Il Collegio della Toscana e le Logge viareggine aprono sottoscrizione


Le logge del Grande Oriente d'Italia di Viareggio, la Felice Orsini n° 134 e la Dante Alighieri n° 932, con il Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Toscana, hanno sentito il bisogno di assumere una iniziativa di solidarietà per aiutare la popolazione viareggina ferita a morte dalla tragedia del 30 giugno.
Anche la sede della Pubblica Assistenza Croce Verde di Viareggio è stata colpita, mettendo in crisi un sistema di assistenza a servizio della città da oltre 120 anni.La storia della Croce Verde merita di essere ricordata. Fondata nel 1889 da volenterosi che si costituirono in associazione per soccorrere i propri concittadini, la struttura ha operato sino al 1930 quando venne sciolta dalle leggi fasciste. Il suo patrimonio fu confiscato e affidato alla Croce Rossa.

Finita la guerra, la Croce Verde risorge ad opera di tanti concittadini con la voglia di sempre, ma inizia anche una lunga battaglia per riavere la sede. Purtroppo senza successo ed è da qui che i volontari e soci si impegnano ulteriormente per costruirne una nuova che viene inaugurata nel febbraio del 1986 dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Quella sede oggi non esiste più ed è andato distrutto il parco ambulanze: l'impegno è quello di ripristinare questa realtà il prima possibile.



COME CONTRIBUIRE

Conto Corrente L06200 24873 000000000588 Cassa di Risparmio di Lucca ag. via Garibaldi – Viareggio Causale: Croce Verde