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lunedì 22 settembre 2014

"Morte di un uomo felice" di Giorgio Fontana. Un romanzo da "Campiello" sulla giustizia, le sue possibilità e i limiti


Sullo scaffale
Giorgio Fontana è un giovane di 33 anni, che ha appena vinto uno dei premi italiani più prestigiosi: il Campiello con un romanzo dal titolo "Morte di un uomo felice" (Sellerio). E' una storia sulla giustizia, sulle sue possibilità e i suoi limiti. Una storia ambientata a Milano nell'estate del 1981, nella fase più tarda, e più feroce della stagione terroristica in Italia. Il protagonista è Giacomo Colnaghi, un magistrato sulla linea del fronte, che coordina un piccolo gruppo di inquirenti che indaga da tempo sulle attività di una nuova banda armata, responsabile dell'assassinio di un politico democristiano. Il dubbio e l'inquietudine lo accompagnano da sempre. Colnaghi è intensamente cattolico, ma di una religiosità intima e tragica. È di umili origini, ma convinto che la sua riuscita personale sia la prova di vivere in una società aperta. È sposato con figli, ma i rapporti con la famiglia sono distanti e sofferti. Ha due amici carissimi, con i quali incrocia schermaglie polemiche, ama le ore incerte, le periferie, il calcio, gli incontri nelle osterie. Dall'inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un'azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non poté mai perdonare per la sua ribellione all'ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell'unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla. L'inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra uffici di procura e covi criminali, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all'uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l'origine delle ferite che stanno attraversando il Paese. Si risveglia così il bisogno di immergersi nella condizione degli altri, dall'assassino che gli sta davanti al vecchio ferroviere incontrato al bar, per riconciliare la giustizia che amministra con l'esercizio della compassione. Una corsa e un'immersione pervase da un sentimento dominante di morte. Un lento disvelarsi che segue parallelo il ricordo della vicenda del padre che, come Giacomo Colnaghi, fu dominato dal desiderio di trovare un senso, una verità. Anche a costo della vita.