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lunedì 16 febbraio 2015

"Donne e Giardino nel mondo islamico" di Anna Vanzan



Sullo scaffale 

Fin dai suoi albori, la civiltà musulmana si preoccupa di "islamizzare" ogni aspetto della vita pubblica e privata, compresi gli spazi. L'etica islamica prevede che pubblico e privato siano rigidamente separati, e tale concezione si riflette immediatamente sulla casa d'abitazione, difesa da mura che celino gli abitanti da sguardi esterni, proteggendo la privacy familiare. La vita dei residenti è rivolta all'interno, dove, dopo l'ingresso principale, si apre un cortile attorno al quale si svolgono le attività familiari. "Donne e Giardino nel mondo islamico" il libro dell'iranologa Anna Vanzan (editore Angelo Pontecorboli) ci racconta questo universo a parte, ricco di alberi, piante, fontanelle o addirittura vasche (tipiche quelle in Iran e nel sub continente indiano), recipienti in metallo o marmo, gabbie per gli uccellini, e spesso si avvale della bellezza dei delicati intarsi nel legno che contorna le finestre degli ambienti affacciantisi sul cortile stesso o aggettantisi sulla strada esterna. E così che, al posto delle finestre comunemente intese, nascono vere e proprie costruzioni articolate (mashrabiya), delicatamente intagliate nel legno, che consentono alle donne di vedere fuori senza essere viste dagli estranei. Un luogo dove passeggiare con le proprie dame o dove le stesse potevano trascorrere il proprio tempo in piena libertà. Il giardino, infatti, è hortus conclusus e, come tale, spazio quanto mai atto a ospitare la presenza femminile che nelle società islamiche deve rimanere, preferibilmente, celata all'interno di ginecei (harem) di cui il giardino è la naturale estensione. Ecco che il binomio donne-giardino si rafforza e occupa spazi sociali, letterari, artistici e antropologici.